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La parolaccia

  • Voto:
  • (5/5)
  • Età consigliata: da 3 a 6 anni
  • Editore: Pulce edizioni
  • Genere: Educativo | Umoristico

Trama: di cosa parla La parolaccia?

State attenti a quello che raccogliete da terra: oltre a cartacce, monetine da un centesimo e calzini, potreste imbattervi in… una parolaccia! È proprio ciò che succede a Tao, il protagonista di questo libro. Mentre si sta dedicando al fai-da-te, improvvisamente il suo papà si assesta una bella martellata su un dito e il gioco è fatto: eccotela lì la parolaccia, che scappa fuori dalla sua bocca e finisce sul pavimento. Tao, incuriosito, la prende e decide di assaggiarla. Non lo avesse mai fatto! All’improvviso gli viene voglia di dirla di continuo: in famiglia, a scuola, tra gli amici, in piscina… Tutti sembrano apprezzarla (a eccezione dei grandi, naturalmente). Ma siamo sicuri che a forza di ripeterla il nostro eroe non diventi un tantino impopolare?

Perché consiglio questo libro?

Perché trasmette l’amore per le parole e per la linguistica. Perché è un piccolo scrigno di insegnamenti civici e sociali. Perché è divertentissimo da leggere (o farsi leggere da un adulto) e perché potrebbe salvarvi la vita il giorno in cui doveste raccogliere dal marciapiede una parolaccia e avere la sventurata idea di mettervela in bocca e dirla in giro.

Una delle cose che ho apprezzato di più di La parolaccia è certamente l'insolito idioma parlato nel paese in cui vive Tao, il protagonista: una lingua curiosa e orecchiabile che – guarda un po’ – riusciamo a capire anche se non la conosciamo direttamente. Ricorda molto l’italiano, ma italiano non è. Buffa, musicale, dispettosa, assomiglia un po’ al Simlish o al Pingu, ma è decisamente più comprensibile. Davvero un’invenzione straordinaria, che mi ha lasciato a bocca aperta. Chapeau a Luca Tozzi che è un grande paroliere e la cui professionalità di compositore musicale emerge con prepotenza anche in questo albo illustrato.

La lingua non-proprio-italiana di cui sopra offre all’autore l’escamotage di infilare dentro al libro una parolaccia, “cacastrumbo” (mi perdonino gli abitanti del paese di Tao se ho osato scrivere un termine così abominevole nella mia recensione, peraltro senza censurarlo con gli asterischi, ma era davvero, davvero necessario). Non poteva essere altrimenti, dopotutto: immaginate voi come genitori e insegnanti avrebbero accolto un libro per bambini contenente una vera parolaccia in italiano! Sarebbe stato un affronto. E, magari, avrebbe sortito l’effetto contrario a quello desiderato, nei piccoli lettori. Quindi, meglio optare per un più generico “cacastrumbo”, che offre l’occasione di parlare di parolacce senza però citarle davvero.

Molto carina anche l’idea di differenziare graficamente, nel titolo, il suffisso peggiorativo “-ccia” (parol-accia), dettaglio che induce subito a riflettere sul fatto che si parli di parole, seppur queste siano un pochino diverse dal solito.

Le illustrazioni di Cristina Petit sono minimaliste ed essenziali, un mix di stili, colori e texture diversi che parlano direttamente al giovane pubblico e instaurano una narrazione parallela a quella scritta. In certe pagine si ha come l'impressione di star sfogliando un collage, con elementi colorati che quasi bucano il foglio ed escono dalla pagina. Lo stile, tanto semplice quanto studiato, ricorda molto i disegni dei bambini, appena abbozzati, caratterizzati da punti e da linee, con macchie di colore e tecniche che si mescolano in una costante sperimentazione di matite, pastelli, pennarelli, digitale...

Didattica: come usare il libro a casa e a scuola

Sicuramente questo albo illustrato è un valido alleato qualora i bambini comincino a ripetere le parolacce che sentono (in televisione o da qualche adulto distratto), soprattutto se lo fanno soltanto per il gusto di imitare i grandi o senza avere idea di ciò che significa la parola in questione. La parolaccia può essere un ottimo aiuto per spiegare loro, con franchezza e intelligenza, che le cosiddette “parole volgari” potrebbero offendere qualcuno e che quindi in pubblico vanno evitate (sul fatto di usarle in privato, da soli, non mi esprimo e lascio che sia la psicologia – nonché la sensibilità di ciascuno – a orientare le vostre scelte educative). 

Allo stesso modo, possiamo approfittare del tema della parole “proibite” per estendere la nostra riflessione anche alle “azioni proibite” e spiegare che non tutti i comportamenti sono da emulare: alcuni, pericolosi, vanno assolutamente evitati (attraversare la strada fuori dalle strisce pedonali, mettere le dita nelle prese elettriche, toccare i vetri rotti, correre nei corridoi e per le scale…) e, se i bambini sono un po’ più grandicelli, l’occasione è ghiotta anche per parlare di challenge e sfide tanto varie quanto pericolose che proliferano sui social. L’importante, secondo me, è spiegare in modo chiaro, razionale e meticoloso le ragioni per le quali imitare comportamenti dannosi è uno sbaglio, far capire ai bambini – in profondità, invitandoli a riflettere – che a volte è meglio essere impopolari ma ragionare con la propria testa.

La parolaccia è poi preziosissimo per introdurre concetti quali il potere del linguaggio, il significato delle parole, l'evoluzione della lingua. Si può trattare la storia delle parole “sconvenienti” (qui trovate un bello spunto da cui partire), inventare vari tipi di linguaggi sulla falsariga di quello che si parla nel paese di Tao (il protagonista del libro), magari dando vita a una lingua diversa in base all’umore o al meteo prevalente (o a un altro criterio a scelta). 

Ancora, perché non giocare con le lettere per formare nuove parole casuali e attribuire loro un significato? Possiamo anche chiedere ai bambini d’inventare il proprio linguaggio personalizzato e di attribuirlo a un paese di fantasia, che faremo poi descrivere (Come sono gli abitanti? E il tempo atmosferico? Come si chiama questo paese? Perché?).

Infine, La parolaccia offre lo spunto per ripassare con i più piccoli le regole di comportamento da adottare nelle varie circostanze e situazioni (casa, scuola, strada…), ma anche per avviare interessanti conversazioni in cui chiedere se a qualcuno è mai capitato di dire o sentire una parolaccia e che cosa ha provato in quei momenti.

Giudizio in due parole

La parolaccia è un albo illustrato divertente e originale, ricco di spunti per introdurre argomenti educativi interessanti. Ottimo per lavorare sul linguaggio e per ripassare con i bambini le regole di comportamento nei vari contesti, come pure per parlare di rispetto verso gli altri e dell’importanza di ragionare con la propria testa, indipendentemente dalla “popolarità”.

Consigliatissimo!

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